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Taglio dei rimborsi ai partiti, la Camera è vuota

E' strano che nella mattina del 15 maggio siano arrivati alla Camera i Vigili del fuoco a causa di un forte odore di bruciato. Strano perché l'aula è così deserta in questi giorni che sembrava impossibile che qualcuno avesse fumato.

Già, perché lunedì 14 maggio si è iniziato a discutere sul dimezzamento dei rimborsi ai partiti, relatori della "legge epocale" e bipartisan Bressa (Pd) e Calderisi (Pdl). Risultato: venti presenti in aula, sotto l'occhio sbigottito di tre scolaresche provenienti da tre zone italiane diverse che assistevano ai lavori. "Tutti grillini di domani", commenta amaramente Mattia Feltri su La Stampa. Difficile dargli torto.

Non facciamo nememno i nomi dei pochi presenti alla seduta presieduta da Maurizio Lupi, perché non avrebbe senso. Aggiungiamo un altro passaggio dell'articolo di Feltri: "La percentuale degli onorevoli sul pezzo andava dall’1,5 al 2,3 degli eletti, che avanti di questo passo sarà anche la percentuale dei loro partiti alle prossime elezioni". Un altro bel tassello della politica verso l'antipolitica, come la chiamano gli eletti in Parlamento che però hanno altro da fare al di fuori.

illegittima la tassa sulla tassa dei rifiuti: governo deve restituire 1,3 miliardi ai cittadini. Ecco come fare




Sono circa 7 milioni di famiglie: aspettano da quattro anni la restituzione dell'Iva che hanno ingiustamente pagato sulla Tia, la tariffa di igiene ambientale, negli ultimi dodici anni. Si tratta in realtà di una "tassa sulla tassa", un'imposta al quadrato, giacché la Tia non è altro che la versione alternativa e opzionale per i Comuni della Tarsu, la tassa sui rifiuti solidi urbani.
Per lo Stato c'è il rischio di dover sborsare 1,3 miliardi, a tanto ammonta infatti, secondo uno studio della Uil Servizio politiche territoriali, l'Iva pagata illegittimamente, come hanno stabilito Cassazione e Corte costituzionale. In un momento in cui le finanze pubbliche sono sotto forte tensione. La vicenda nasce all'inizio dello scorso decennio, quando è stato possibile per i Municipi optare tra la vecchia Tarsu, una tassa vera e propria, e la nuova Tia, un sistema imperniato sulle tariffe. A partire da allora 1.256 sindaci hanno scelto la strada della tariffa, accantonando la Tarsu e introducendo la nuova Tia. Perché lo hanno 
fatto? Semplicemente perché scegliere la tariffa piuttosto che la tassa permetteva di scorporare gli incassi dal Patto di Stabilità interno che ingabbia spese e entrate ai fini del controllo delle finanze pubbliche.
Si è trattato di una operazione che ha avuto un effetto collaterale non trascurabile. Scelta la Tia, ovvero, la tariffa, è scattata infatti anche l'Iva al 10 per cento come per qualsiasi  altra prestazione di servizi. Per qualche tempo nessuno ha protestato, ma poi la questione è finita nel mirino di associazioni dei consumatori, semplici cittadini e sindacati che hanno colto l'ingiustizia del "doppio balzello". Così la vicenda è arrivata sul tavolo della Corte costituzionale (nel 2009) e della Corte di Cassazione (sentenza 3.766 dell'8 marzo scorso) che hanno detto stop alla "tassa sulla tassa". La motivazione? Mentre gas e acqua sono misurabili e dunque "tariffabili", hanno spiegato sostanzialmente i giudici, i rifiuti consumati non si possono misurare, al massimo si può legare la tassa/tariffa ai metri quadrati della casa o al numero di componenti. Dunque ci troviamo di fronte una tassa a fronte di un servizio indivisibile, e non una tariffa. Questo hanno stabilito le due alte Corti. Dichiarata illegittima la tariffa, sono scattate le istanze di rimborso. Molti cittadini le hanno presentate alle società di gestione della raccolta rifiuti e altri ai Comuni: ma la risposta è stata, da parte di entrambi, che la faccenda riguardava lo Stato centrale giacché i Municipi avevano svolto il ruolo di semplici esattori.
Di conseguenza il contenzioso, sempre più voluminoso, si è trasferito di fronte alle Commissioni tributarie. Molti altri cittadini invece si sono rivolti all'Agenzia delle Entrate: ma anche in questo caso la risposta non è arrivata.
Da qualche anno, la patata bollente scotta tra le mani dei governi che hanno tentato di disinnescare l'esplosiva questione. L'esecutivo Berlusconi, ad esempio, escogitò uno stratagemma: con la manovra del 2010 stabilì che i contenziosi sulla "tassa sulla tassa" andassero discussi di fronte al giudice ordinario e non semplicemente di fronte a quello tributario. Un particolare non irrilevante, visto che per riavere indietro 208 euro (la media di Iva pagata da ciascuna dei 7 milioni di famiglie che attendono il rimborso) bisognava attivare una pratica che costa almeno altrettanto in bolli. Anche il governo Monti non ha ignorato la spinosa vicenda e per il prossimo anno ha preparato un "ribaltone": la Tarsu e la Tia spariranno e arriverà la Tares, esplicitamente considerata una tassa, dunque al riparo dall'applicazione dell'Iva e dai contenziosi. Così il viceministro per l'Economia Grilli pochi giorni fa, durante un question time in Parlamento, ha potuto affermare che in futuro il problema "non si ripresenterà". Ma il nodo vero resta quello delle casse dello Stato: alle imprese ha restituito 2,2 miliardi di crediti Iva, e intanto annuncia una compensazione tra crediti e debiti verso lo Stato. Invece le famiglie dovranno ancora attendere: anche perché l'apposito Fondo restituzione imposte del ministero del Tesoro è stato intaccato per reperire risorse necessarie alla riforma degli ammortizzatori sociali. Insomma, quando si tratta di incassare lo Stato corre veloce, ma quando deve pagare ha il passo della tartaruga.



Roberto Petrini



Se vuoi informazioni sulla procedura per chiedere il rimborso clicca qui:
http://sosonline.aduc.it/modulo/rimborso+iva+non+dovuta+sulla+tia+tariffa+igiene_20118.php
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