L’Ecofin vara il “fallimento ordinato”: se un istituto va a picco gli Stati non coprono. Ci pensano azionisti, obbligazionisti e chi ha un deposito.
Dopo due notti di negoziati i ministri delle finanze dell’Unione europea hanno trovato l’intesa. All’Ecofin si discuteva dell’accordo sul meccanismo di “fallimento ordinato” delle banche. Obiettivo, evitare che a pagare le banche in difficoltà siano gli Stati (si pensi al caso Cipro, che per la crisi ha rischiato il collasso).
Chi paga – Non pagheranno gli Stati ma – anche – i correntisti. Il meccanismo messo a punto è semplice: quando un istituto fallisce a rimetterci saranno in prima battuta gli azionisti, quindi gli obbligazionisti meno assicurati e infine i depositi, fatti salvi quelli sotto i 100mila euro, che sono garantiti da una direttiva europea. Di fatto, i correntisti si troveranno a dover pagare per l’eventuale fallimento di un istituto.
“Buon compromesso” – Secondo il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, “è un buon compromesso nella direzione dell’unione bancaria, contribuisce a spezzare il circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario”. Così su twitter al termine dell’Ecofin, nel cuore della notte. Saccomanni ha aggiunto che il meccanismo è “un sistema di tutela dei risparmiatori che combina un quadro armonizzato con flessibilità necessaria a tener conto di specificità nazionali”.
Il compromesso – Di fatto, dopo una lunga e serrata trattativa, è stato raggiunto un compromesso tra chi come Francia e Gran Bretagna voleva maggiore flessibilità – ossia la possibilità di scegliere autonomamente a chi far pagare il conto delle banche che falliscono – e chi, come la Germania, voleva regole uguale per tutti. Anche per il ministro francese Pierre Moscovici “l’intesa aumenta la stabilità finanziaria in Europa”, mentre secondo l’omologo irlandese, Michael Noonan, l’intesa “ci porta dal bailout al bailin”, ossia dal salvataggio da parte degli Stati “alla suddifvisione delle perdite all’interno della banca stessa, tutelando i contribuenti”.
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