Angelo Fontanella - Da circa sei anni a questa parte, non si fa che parlare di crisi, di ripresa, di quali misure attuare affinchè quest’ultima scattasse, e guarda caso queste misure reclamate a destra e a manca e soprattutto dai soloni finanziari del FMI, della BCE, della Commissione Europea, hanno sempre lo stesso sapore, quello del liberismo estremo, che non può che andare nella direzione di tagli drastici alla spesa sociale, agli investimenti pubblici, nonchè a quel poco di benessere. In questo modo si è fatto sì che gli squilibri non restassero confinati al campo finanziario,
ma andassero ad intaccare l’economia reale, azzerandola e sottomettendola al volere delle banche e dei mercati. Le quali banche commerciali e d’investimento sia in Europa che negli Stati Uniti e su larghissima scala mondiale, azioniste delle banche centrali, hanno in pugno sia l’emissione del denaro, che queste ultime stampano dal nulla e al semplice costo tipografico, incassando il valore nominale del denaro sovraccaricato da interessi che non potranno mai essere pagati, in quanto massa monetaria non esistente; che la circolazione dello stesso.
In pratica soffermandoci sull’Europa, la Bce stampa un quantitativo di denaro, lo presta alle banche sue azioniste a un tasso irrisorio (0,5%) e queste dovrebbero immetterlo nei circuiti economici, invece lo usano per ricapitalizzarsi, così da non soffrire troppo le speculazioni e gli investimenti andati a male e continuare a farli e comprare i sempre redditizi titoli di stato dei paesi in difficoltà dell’eurozona, realizzando massicce plusvalenze, visto il loro alto rendimento. Se a ciò aggiungiamo che questo rendimento è deciso nei mercati, dove le grandi banche costituiscono oltre il 70% del totale degli investitori, si capisce che è tutto un circolo creato ad arte. Di tutto ciò ne soffrono gli stati europei, in particolare Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro, Italia ed Irlanda, costretti a corrispondere interessi sempre più alti (nel caso italiano nel 2012 si sono spesi circa 95 miliardi in spesa per interessi) e ricattati da uno spread che sarebbe continuato a salire se non si fossero fatti i compiti a casa, vale a dire quelle riforme strutturali come il pareggio di bilancio (castroneria economica, lo stato non è un’impresa e solo spendendo a deficit sopravvive) il rapporto deficit/pil al 3%, ulteriore precarizzazione del lavoro e innalzamento dell’età pensionabile. Tutto fatto con estrema solerzia e i risultati parlano chiaro.
Non contenti i burocrati euristi dicono che ciò non basta e che se queste riforme fossero state fatte tempo addietro, non ci troveremmo nella situazione attuale. Senz’altro, saremmo già un deserto, basti vedere che oggi in Italia chiude un’impresa al minuto, che il pil nel 2012 è calato del 2,5% e le stime per quest’anno sono peggiori, con una produzione industriale calata del 2,3% nel primo trimeste rispetto a fine 2012 e del 6% rispetto al primo trimestre dello scorso anno, e non potrebbe essere altrimenti, considerato che le suddette banche infarcite di titoli di stato e derivati, non aprono i rubinetti ne alle imprese ne alle famiglie e che la tassazione tra imposte dirette ed indirette sfora il 60% . Dulcis in fundo il fiscal compact, grazie al quale dovremo portare il rapporto debito/pil al 60%, il che significa tagli di 45 miliardi annui per i prossimi 20 anni, sempre che vi arriveremo.
L’unica soluzione è liberarci dai banksteers, riconquistando quella sovranità monetaria sancita dalla costituzione, e prerogativa principale di ogni stato. Riconquistiamola prima di essere tornati indietro di 68 anni, stracciamo i trattati di Maastricht e Lisbona, cacciamo questi partiti che ci hanno introdotto in questo sistema infernale, riprendiamoci le piazze e ritorneremo a vivere.
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