Mercoledì scorso, 7 Ottobre, una trentina di scosse sismiche hanno interessato i Campi Flegrei, alcune delle quali percepite distintamente dalla popolazione che è scesa in strada. Uno sciame che ha riportato l’attenzione su un’area spesso dimenticata,
essendo l’attenzione più spostata verso il Vesuvio: in realtà il vulcano Campi Flegrei è parecchio più pericoloso del vulcano che distrusse Pompei ed Ercolano, perché mette a rischio tre milioni di persone e potrebbe dar luogo a una super-eruzione.
essendo l’attenzione più spostata verso il Vesuvio: in realtà il vulcano Campi Flegrei è parecchio più pericoloso del vulcano che distrusse Pompei ed Ercolano, perché mette a rischio tre milioni di persone e potrebbe dar luogo a una super-eruzione.
Per tentare di far luce sulla situazione abbiamo rivolto delle domande a Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore dell’INGV e tra i massimi esperti in materia Vesuvio e Campi Flegrei.
Cosa è successo mercoledì scorso ai Campi Flegrei?
L’attività sismica riscontrata ai Campi Flegrei rientra nella fisiologica attività di bradisismo che interessa l’area; si è trattato di circa trenta eventi sismici, dei quali il più forte corrisponde a una magnitudo di 2.5, che non è poco per il fenomeno bradisismo. L’epicentro si è avuto in zona Pisciarelli che, paradossalmente, è proprio quella in cui, con consulenza di istituzioni scientifiche, era stato proposto un progetto di trivellazione per la realizzazione di pozzi profondi per la realizzazione di una centrale geotermica, da me fortemente contrastato presso le autorità competenti. Dal 2012 lo stato del vulcano si trova al livello giallo o livello di attenzione, ossia il secondo su quattro livelli totali: ciò significa una deformazione del suolo, più lenta rispetto a quella del 1982-1984, aumento della temperatura delle fumarole, aumento del flusso di CO2. Il Vesuvio si trova al livello verde, il primo.
Nel 2012 vi fu una vera e propria crisi, quella che nei fatti e senza mezzi termini si può definire un’eruzione mancata, con una risalita del magma di cui le strumentazioni di allora non si accorsero. Il tutto si svolse mentre si trivellava pericolosamente a Bagnoli, un’attività alla quale mi sono sempre opposto perché anche una piccola perforazione può causare eventi sismici, specialmente in un sistema molto instabile come quello dei Campi Flegrei. Si tratta tuttavia di fenomeni che non si sa come interpretare, perché non esiste un modello che consenta agli studiosi di farlo, non abbiamo le sufficienti informazioni scientifiche per realizzare tale modello e, perciò, capire quale possa essere l’evoluzione della situazione. Non abbiamo, per intenderci, dei modelli come li ha per esempio la meteorologia, attraverso cui si possono prevedere con una certa precisione quali eventi climatici si verificheranno e dove, previsioni possibili perché gli eventi climatici sono frequenti e si possono studiare, mentre sismi ed eruzioni sono eventi molto rari.
Allo stato attuale, cosa può accadere in caso di eruzione dei Campi Flegrei?
Oggi vi è un problema molto grave che è quello della disinformazione. Non esiste un piano di evacuazione, ma soltanto una mappa di pericolosità recentemente estesa alla città di Napoli, come da oltre 10 anni mostravano le mie ricerche, ma resta ancora insufficiente. Anche per il Vesuvio non esiste un piano di evacuazione perché mancano i piani che ogni sindaco dei 25 comuni della zona rossa dovrà presentare, i quali però non significheranno ancora nulla in quanto non operativi, visto che dovranno essere integrati e coordinati tra loro. Se è questo il punto in cui siamo per il rischio Vesuvio, per i campi Flegrei invece non c’è niente. Tre milioni di persone sono in pericolo, compreso il territorio di Napoli: con le mie ricerche ho dimostrato che i Campi Flegrei e il Vesuvio hanno una enorme camera magmatica comune che sale fino a una profondità di 7 chilometri nei Campi Flegrei, che nel corso dei millenni ha alimentato le eruzioni di entrambi i vulcani. Un’eruzione dei Campi Flegrei è assolutamente imprevedibile, anche le previsioni a tre giorni sono molto azzardate dal punto di vista scientifico poiché non c’è alcuna soglia, non disponiamo di un livello di conoscenza adeguato per poter prevedere un’eruzione.
Se si verificasse una escalation tale da passare dal livello giallo a quello arancione, ovvero di preallarme, saremmo di fronte alla possibilità di evacuazione autonoma dei cittadini e al risarcimento per coloro che vanno via, per il quale però mancano i soldi. Un passaggio al quarto e ultimo livello, livello rosso o di allarme, comporterebbe l’evacuazione della zona, ma come detto non esiste un piano di evacuazione e saremmo nello stato di “si salvi chi può”. La realtà è che sia i Campi Flegrei, sia il Vesuvio, sono una bomba ad orologeria che nessuno sa quando esploderà, a parte il caso, che in termini scientifici è una complessa combinazione di processi a noi non noti in adeguato dettaglio per fare previsioni. Un vulcano può esplodere in qualsiasi momento, chi tranquillizza affermando che non vi è pericolo dice una bugia.
Qual è allora la soluzione?
La soluzione è SOLO la prevenzione, però non c’è un piano e non si può informare la popolazione che non saprebbe come comportarsi in uno scenario nefasto. Sono state fatte in passato minacce contro autorevoli riviste scientifiche, per aver semplicemente diffuso i risultati di ricerche innovative e determinanti per la valutazione del rischio vulcanico. La volontà di non informare adeguatamente la popolazione per non allarmarla, per non provocare il panico, è assurda; dobbiamo scegliere: è più grave il rischio derivante dalla paura, o è più grave il rischio di evacuazione? È giusto informare male o non informare, per scongiurare la paura tra i cittadini?
Nessun commento:
Posta un commento