1. NEL 2011 BERLUSCONI FU CACCIATO A COLPI DI SPREAD, ORA RENZI PUÒ ESSERE SILURATO COL PRETESTO DEL NOSTRO SISTEMA
BANCARIO MARCIO (LA FRASE “PER NOI RENZI NON È PIÙ UN INTERLOCUTORE”, SI PUÒ TRADURRE IN: “UN NUOVO INTERLOCUTORE SAREBBE MEGLIO”)
BANCARIO MARCIO (LA FRASE “PER NOI RENZI NON È PIÙ UN INTERLOCUTORE”, SI PUÒ TRADURRE IN: “UN NUOVO INTERLOCUTORE SAREBBE MEGLIO”)
2. QUATTRO INDIZI.
IL PRIMO: E’ IL BAIL-IN. ORA LE BANCHE IN CRISI VENGONO SALVATE DA AZIONISTI E CORRENTISTI (IL 27% DI RACCOLTA, PIÙ O MENO 75 MILIARDI SONO VOLATI VIA)
DUE: LA BAD BANK CHE NON SI RIESCE A CREARE, NONOSTANTE 200 MILIARDI DI EURO DI SOFFERENZE.
TRE: IL RAPPORTO CONFLITTUALE CON JUNCKER E LA MERKEL.
QUATTRO: SFIDUCIA NEL PROGETTO POLITICO ITALIANO CHE FA SCAPPARE RISPARMI E INVESTIMENTI
Claudio Antonelli per “Libero Quotidiano”
Almeno quattro segnali sembrano dirci che è in arrivo una tempesta perfetta. Molto simile a quella che nel 2011 ha travolto il governo Berlusconi. All’epoca il piede di porco usato per scardinare il Paese si chiamava spread.
Oggi prende il nome di sistema bancario. Alias, banche quotate.
CANNES MERKEL SARKOZY
Alias, bail-in. Passateci l’ inglese, ma così si chiama il nuovo sistema previsto dalla Ue e adottato dall’ Italia secondo il quale, quando una banca finisce nella palta, a salvarla non sono più i denari pubblici ma gli investitori privati. Compreso i correntisti.
Questa novità storica sta rendendo possibile il primo dei quattro pilastri della tempesta. Le garanzie che per anni hanno attirato investitori esteri e nostrani sulle nostre banche sono implicitamente venute meno. Bloomberg ha calcolato che in un anno gli sportelli italiani hanno perso il 27% di raccolta obbligazionaria retail. Più o meno 75 miliardi di euro.
BERLUSCONI 2011
Un’ enormità. Soprattutto se si considera che il dato si somma alle vendite degli investitori istituzionali che da giorni contraddistinguono quasi tutti i titoli del comparto bancario. La speculazione e i mercati si concentrano ovviamente dove c’è il sangue e l’ Italia è parecchio ammaccata.
Ciò che il mercato sta dicendo è che non crede ai segnali lanciati dal governo.
Non crede alla ripresa del nostro Pil e della nostra economia.
SPREAD E DIMISSIONI DI BERLUSCONI
Per questo chiude posizioni e si concentra sulle banche perché sono anche il luogo dove i nodi arriveranno al pettine.
Basti vedere come è stata gestita la piccola partita degli pseudo salvataggi di Banca Etruria e delle altre tre Popolari, per comprendere come la politica non sia in grado assolutamente di tenere le redini di un cambiamento drastico del sistema bancario.
I mercati sanno che il governo non sa che pesci pigliare sulla bad bank. Ieri il premier, Matteo Renzi, e il ministro dell’ Economia, Pier Carlo Padoan hanno incontrato i vertici di Cassa Depositi e Prestiti. Sicuramente per affrontare il tema bollente delle sofferenze bancarie. Non sappiamo cosa si siano detti.
JUNCKER A RENZI: «Per noi Renzi non è più un interlocutore»
È certo però che in un anno il governo non ha fatto alcun passo avanti, mentre le sofferenze e gli incagli sono arrivati a valere oltre 200 miliardi.
Un fardello che pesa sul sistema e che diventa sempre più l’ anello debole su cui i mercati si possono accanire con facilità.
Esattamente come nel 2011 fecero sui titoli di Stato, gravati dal debito pubblico più grande della Ue. All’epoca l’ Europa si mise alla finestra a guardare gli eventi con una certa soddisfazione. Finchè se ne andò Berlusconi e solo molto tempo dopo arrivò la Bce di Mario Draghi, quando fu autorizzata all’ acquisto massiccio di Btp.
Adesso la situazione sembra ripetersi. Per non essere travolta dalla tempesta, l’ Italia ha bisogno di un veloce intervento europeo. Serve l’ok alla costituzione di una bad bank. E serve in tempi velocissimi. Renzi invece non solo non ha il coltello dalla parte del manico, ma non è mai stato in rapporti così cattivi con l’ala tedesca della Ue.
Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker venerdì scorso ha attaccato Roma per le continue critiche a Bruxelles e per l’abitudine a non mantenere gli impegni presi. Ieri ha rincarato la dose.
Ha addirittura affermato che le incomprensioni nascono dal fatto che a Roma non ci sia più un referente.
Una frase che non solo significa: «Per noi Renzi non è più un interlocutore». Ma si può anche tradurre: «Un nuovo interlocutore sarebbe meglio».
MARIO DRAGHI
Vi ricorda qualcosa?
Il 23 ottobre del 2011 l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy e la Cancelliera Angela Merkel, durante una conferenza congiunta, furono interrogati dalla stampa.
E alla domanda «Avete fiducia in Berlusconi» si limitarono a guardarsi e sorridere con un ghignoche valeva più di molte parole.
Lo stesso ghigno che oggi si ritrova nelle parole di Juncker.
Proprio qui sta il terzo segnale di allarme.
Comprendiamo che il premier farebbe di tutto piuttosto che affrontare il tema banche, visto che l’ argomento gli ricorda troppo da vicino Banca Etruria e papà Boschi. Ma il ghigno europeo non promette nulla di buono se non lo si affronta e lo si disinnesca.
Per comprendere l’urgenza, Renzi dovrebbe tener presente un ultimo dato che rischia di trasformarsi nel quarto segnale della tempesta perfetta. In gergo tecnico si chiama «debito Target 2».
FOTO DI RENZI DAL PROFILO DI FILIPPO SENSI
Di fatto registra i movimenti dei depositi finanziari.
Ai tempi dello spread impazzito la cifra per l’ Italia era arrivata a superare i 280 miliardi.
Lo scorso dicembre è tornata a 250. Ad agosto 2015 era di poco sopra i 200. In poche parole, siamo di fronte a un nuovo attacco politico al sistema.
A un pesante crollo di fiducia che travolge gli sportelli, indipendentemente dai fondamentali.
Pur avendo un sistema bancario più solido dei concorrenti Ue, soprattutto Germania (Mps merita un articolo a parte), i soldi stanno fuggendo.
La mancanza di un progetto politico crea sfiducia.
La sfiducia fa scappare i soldi.
L’ economia peggiora e la politica si fa travolgere.
Esattamente ciò che si chiama circolo vizioso. Quello che rischia di investire Renzi. Speriamo non l’ Italia intera.
Fonte: qui
IL PRIMO: E’ IL BAIL-IN. ORA LE BANCHE IN CRISI VENGONO SALVATE DA AZIONISTI E CORRENTISTI (IL 27% DI RACCOLTA, PIÙ O MENO 75 MILIARDI SONO VOLATI VIA)
DUE: LA BAD BANK CHE NON SI RIESCE A CREARE, NONOSTANTE 200 MILIARDI DI EURO DI SOFFERENZE.
TRE: IL RAPPORTO CONFLITTUALE CON JUNCKER E LA MERKEL.
QUATTRO: SFIDUCIA NEL PROGETTO POLITICO ITALIANO CHE FA SCAPPARE RISPARMI E INVESTIMENTI
Claudio Antonelli per “Libero Quotidiano”
Almeno quattro segnali sembrano dirci che è in arrivo una tempesta perfetta. Molto simile a quella che nel 2011 ha travolto il governo Berlusconi. All’epoca il piede di porco usato per scardinare il Paese si chiamava spread.
Oggi prende il nome di sistema bancario. Alias, banche quotate.
CANNES MERKEL SARKOZY
Alias, bail-in. Passateci l’ inglese, ma così si chiama il nuovo sistema previsto dalla Ue e adottato dall’ Italia secondo il quale, quando una banca finisce nella palta, a salvarla non sono più i denari pubblici ma gli investitori privati. Compreso i correntisti.
Questa novità storica sta rendendo possibile il primo dei quattro pilastri della tempesta. Le garanzie che per anni hanno attirato investitori esteri e nostrani sulle nostre banche sono implicitamente venute meno. Bloomberg ha calcolato che in un anno gli sportelli italiani hanno perso il 27% di raccolta obbligazionaria retail. Più o meno 75 miliardi di euro.
BERLUSCONI 2011
Un’ enormità. Soprattutto se si considera che il dato si somma alle vendite degli investitori istituzionali che da giorni contraddistinguono quasi tutti i titoli del comparto bancario. La speculazione e i mercati si concentrano ovviamente dove c’è il sangue e l’ Italia è parecchio ammaccata.
Ciò che il mercato sta dicendo è che non crede ai segnali lanciati dal governo.
Non crede alla ripresa del nostro Pil e della nostra economia.
SPREAD E DIMISSIONI DI BERLUSCONI
Per questo chiude posizioni e si concentra sulle banche perché sono anche il luogo dove i nodi arriveranno al pettine.
Basti vedere come è stata gestita la piccola partita degli pseudo salvataggi di Banca Etruria e delle altre tre Popolari, per comprendere come la politica non sia in grado assolutamente di tenere le redini di un cambiamento drastico del sistema bancario.
I mercati sanno che il governo non sa che pesci pigliare sulla bad bank. Ieri il premier, Matteo Renzi, e il ministro dell’ Economia, Pier Carlo Padoan hanno incontrato i vertici di Cassa Depositi e Prestiti. Sicuramente per affrontare il tema bollente delle sofferenze bancarie. Non sappiamo cosa si siano detti.
JUNCKER A RENZI: «Per noi Renzi non è più un interlocutore»
È certo però che in un anno il governo non ha fatto alcun passo avanti, mentre le sofferenze e gli incagli sono arrivati a valere oltre 200 miliardi.
Un fardello che pesa sul sistema e che diventa sempre più l’ anello debole su cui i mercati si possono accanire con facilità.
Esattamente come nel 2011 fecero sui titoli di Stato, gravati dal debito pubblico più grande della Ue. All’epoca l’ Europa si mise alla finestra a guardare gli eventi con una certa soddisfazione. Finchè se ne andò Berlusconi e solo molto tempo dopo arrivò la Bce di Mario Draghi, quando fu autorizzata all’ acquisto massiccio di Btp.
Adesso la situazione sembra ripetersi. Per non essere travolta dalla tempesta, l’ Italia ha bisogno di un veloce intervento europeo. Serve l’ok alla costituzione di una bad bank. E serve in tempi velocissimi. Renzi invece non solo non ha il coltello dalla parte del manico, ma non è mai stato in rapporti così cattivi con l’ala tedesca della Ue.
Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker venerdì scorso ha attaccato Roma per le continue critiche a Bruxelles e per l’abitudine a non mantenere gli impegni presi. Ieri ha rincarato la dose.
Ha addirittura affermato che le incomprensioni nascono dal fatto che a Roma non ci sia più un referente.
Una frase che non solo significa: «Per noi Renzi non è più un interlocutore». Ma si può anche tradurre: «Un nuovo interlocutore sarebbe meglio».
MARIO DRAGHI
Vi ricorda qualcosa?
Il 23 ottobre del 2011 l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy e la Cancelliera Angela Merkel, durante una conferenza congiunta, furono interrogati dalla stampa.
E alla domanda «Avete fiducia in Berlusconi» si limitarono a guardarsi e sorridere con un ghignoche valeva più di molte parole.
Lo stesso ghigno che oggi si ritrova nelle parole di Juncker.
Proprio qui sta il terzo segnale di allarme.
Comprendiamo che il premier farebbe di tutto piuttosto che affrontare il tema banche, visto che l’ argomento gli ricorda troppo da vicino Banca Etruria e papà Boschi. Ma il ghigno europeo non promette nulla di buono se non lo si affronta e lo si disinnesca.
Per comprendere l’urgenza, Renzi dovrebbe tener presente un ultimo dato che rischia di trasformarsi nel quarto segnale della tempesta perfetta. In gergo tecnico si chiama «debito Target 2».
FOTO DI RENZI DAL PROFILO DI FILIPPO SENSI
Di fatto registra i movimenti dei depositi finanziari.
Ai tempi dello spread impazzito la cifra per l’ Italia era arrivata a superare i 280 miliardi.
Lo scorso dicembre è tornata a 250. Ad agosto 2015 era di poco sopra i 200. In poche parole, siamo di fronte a un nuovo attacco politico al sistema.
A un pesante crollo di fiducia che travolge gli sportelli, indipendentemente dai fondamentali.
Pur avendo un sistema bancario più solido dei concorrenti Ue, soprattutto Germania (Mps merita un articolo a parte), i soldi stanno fuggendo.
La mancanza di un progetto politico crea sfiducia.
La sfiducia fa scappare i soldi.
L’ economia peggiora e la politica si fa travolgere.
Esattamente ciò che si chiama circolo vizioso. Quello che rischia di investire Renzi. Speriamo non l’ Italia intera.
Fonte: qui
loading...
Nessun commento:
Posta un commento