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Blackrock, il fondo Usa che si sta comprando l’Italia

Ha messo le mani su Intesa, Unicredit, Montepaschi, Telecom. Il più grande fondo del mondo ha preso di mira il nostro paese. Perché? E che conseguenze avrà?
Ne parliamo con un esperto di finanza come Alberto Forchielli



L’ultima operazione è stata MontePaschi. Prima, con il 5 per cento, è diventato il secondo azionista di IntesaSanPaolo scavalcando un socio storico come Cariplo, mentre il suo 5 per cento ne fa oggi il principale azionista di Unicredit. Il fondo americano Blackrock si sta comprando, a colpi di 5 per cento, pezzi di sistema bancario e industriale italiano. Anche in Telecom oggi la quota è del 5 per cento, ma in autunno arrivò al 10 condizionando la resa dei conti tra gli azionisti di Telco e i piccoli. E poi, ancora, quote importanti in Fiat, Generali, Mediaset. Ma chi c’è dietro Blackrock? E perché ha preso di mira l’Italia?

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Chi ha sfogliato il numero dell’Economist del 7 dicembre scorso non ha dimenticato quel monolite nero poco kubrickiano che campeggiava in copertina sopra la scritta «come il più grande fondo d’investimento del mondo sta cambiando il panorama finanziario». Nato nel 1988, l’anno dopo il grande crollo di Wall Street, Blackrock oggi investe in tutto il mondo.

«La prima regola per fare soldi è comprare basso e oggi in Italia si compra a prezzi di saldo, soprattutto i titoli delle banche» spiega a EuropaAlberto Forchielli, fondatore del Mandarin Capital Partners, grande esperto di Cina (di cui parla al Congresso Usa ogni tre mesi), ex Finmeccanica e Banca Mondiale. «Le opportunità erano visibili già due anni fa, è un mercato molto frammentato: con quote piccole si compra molto».

La fortuna di Blackrock è stata quella di nascere al momento giusto, «quando esplodeva il mondo degli hedge fund, è cresciuto per acquisizioni ed è molto legato al governo Usa» che ha aiutato nelle operazioni di vendita di Bear Sterns e nel salvataggio di AIG: «si è mantenuto lontano dai mutui ipotecari ed è stato il primo fondo a diventare veramente internazionale: io ho lebusiness card dei rappresentanti di Blackrock praticamente di tutto il mondo» racconta Forchielli.

Già quattro anni fa un lungo articolo di Vanity Fair (edizione americana) raccontava quanto poco si sapesse del più potente fondo del mondo, che oggi gestisce un patrimonio di 4.324 miliardi di dollari, quasi il doppio del debito pubblico italiano. Alto, calvo, miope, 60 anni, Larry Fink, tra i fondatori e oggi CEO di Blackrock, veniva definito «il più importante personaggio della finanza mondiale» e, nonostante questo, «virtualmente uno sconosciuto a Manhattan», dove vive in un appartamento sull’Upper East Side con la moglie Lori, 38 anni. Calmo, educato, riflessivo, Fink è descritto come «the Wall Street Wise man», in apparenza tutto il contrario dell’archetipo della finanza anni ’80 Gordon Gekko-Michael Douglas.

Per Forchielli l’arrivo dei grandi fondi Usa in Europa si spiega facilmente. «In questo momento si trovano nella condizione di non riuscire a dare ai propri investitori una buona performance per il 2014-2015 perché il tasso di interesse sul reddito fisso è basso, i mercati emergenti stanno chiudendo, la Cina presenta grandi incertezze e l’America è sopravvalutata. L’Europa è l’unico mercato che offra qualche chance, la ripresa per quanto debole alleggerisce il rischio del debito».

E l’Italia? «E’ un superenalotto, per investirci ci vuole gente che ha lo stomaco per il rischio: è visto come un paese che cresce all’estero ma è bloccato all’interno, un paese con il pilota automatico».

In realtà Forchielli non ha nessuna fiducia nei report della finanza. «I giudizi sul nostro paese vengono scritti da ragazzini a New York che non sanno nulla del nostro paese: come ci hanno distrutto nel 2011 così oggi ci esaltano. La finanza è stupida, o sopravvaluta o sottovaluta, segue il ciclo, è un mondo di cretini, presuntuosi e sovrapagati». Che decidono le sorti del mondo? «Beh, in questo momento sì, basti pensare agli effetti sugli spread». Ultima domanda: cosa pensa di Davide Serra, il fondatore di Algebris e amico di Matteo Renzi: «Un pollo da batteria».

@giovannicocconi

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