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Alternanza scuola-lavoro, ma gli studenti finiscono a pulire cessi !!!

Siamo alle solite. Ne abbiamo già discusso in altre occasioni, ma sembra proprio che lo tsunami “alternanza scuola-sfruttamento” non abbia intenzione di arrestare il suo violento impatto nei confronti dei giovani, costretti ancora una volta a vivere esperienze al limite della sopportazione.

Dopo la recente inchiesta del settimanale l’Espresso, in cui sono venuti alla luce tutti i limiti del sistema imposto dalla “Buona scuola” voluta dal Governo Renzi e confermata dall’attuale Governo Gentiloni, la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro” torna al centro dei riflettori grazie al Fatto quotidiano, che gli dedica oggi la prima pagina.



Nel report emerge l’ennesima situazione disarmante: 
tra chi è stato costretto a fare volantinaggio per dodici ore al giorno e, addirittura, chi si è trovato a pulire bagni e tavoli al ristorante la condizione degli studenti partecipanti non sembra mostrare nessun margine di miglioramento per un progetto che sulla carta dovrebbe essere “un’esperienza formativa innovativa per unire sapere e saper fare”.


A lanciare l’allarme, questa volta, è l’Unione degli Studenti della Puglia con la campagna “A scuola io non faccio l’operaio”, portando alla luce i casi di “uso distorto” del percorso formativo.





«Lì facevo solo volantinaggio e davo indicazioni al pubblico che mi chiedeva informazioni sulle toilette o su dove trovare uno stand. E spesso mi è capitato di fare dieci, dodici ore continuative con una pausa di quindici minuti al massimo», ha raccontato sulle pagine del Fatto Nadia, studentessa al quarto anno di un professionale alberghiero della provincia di Bari, che prosegue: «Per il resto delle ore ho pulito tavoli e bagni. L’alternanza dovrebbe essere un’opportunità e un percorso di crescita professionale ma le aziende ci usano come manovalanza gratuita».




Come porre rimedio, dunque, a una situazione surreale alla quale nessuno sembra prestarci la giusta attenzione? 


Al ministero assicurano che sono al lavoro per migliorare la situazione: «Abbiamo firmato cinquanta protocolli nazionali con Unioncamere – spiegano – dove al registro nazionale in cinque mesi si sono iscritte duemila aziende che hanno garantito sessantamila posti di alternanza. 


Oggi c’è un comitato nazionale al lavoro dove siedono tutte le associazioni sindacali e gli enti locali che sono delle antenne sul territorio. Stiamo facendo nascere una cabina di regia con il ministero del Lavoro per aiutare le scuole ad individuare le imprese ma non solo. 


Stiamo elaborando una carta dei diritti e doveri dello studente in alternanza. Resta il problema che in Italia non esiste la figura dello studente lavoratore e in alcune realtà viene equiparato solo a quest’ultimo con tutte le conseguenze del caso: certificati medici, formazione sulla sicurezza e altro ancora».


Ai posteri l’ardua sentenza, ma le premesse rimangono piuttosto deboli.


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