(di Giampiero Venturi)
La notizia è partita da Damasco; riportata dai media arabi, sta rimbalzando anche attraverso alcune agenzie occidentali. Nel pomeriggio del 12 aprile, un attacco di aerei della Coalizione a guida USA portato contro postazioni dello Stato Islamico, avrebbe colpito un deposito di armi chimiche, provocando una strage tra miliziani e civili. L’attacco è stato condotto nella periferia orientale della città, roccaforte dell’esercito siriano, circondata da 4 anni dalle orde del Califfato.
Fonti locali parlano di un grande incendio divampato in serata da cui si sarebbe sviluppata poi una grande nube. Damasco parla di “centinaia tra morti e feriti”, sia tra i miliziani del Califfato che tra i civili, ma i dati non hanno trovato conferma da fonti indipendenti.
Deir Ezzor, come Difesa Online ha più volte specificato, è un bastione siriano, diviso in due tronconi: la città sulla sponda occidentale dell’Eufrate e l’aeroporto. Entrambi i tronconi sono inseriti in un’area desertica controllata dai miliziani dello Stato Islamico, che da anni in stile Grande guerra, continuano a tentare assalti. Nonostante la superiorità numerica e l’uso reiterato di autobomba da parte dei terroristi, la guarnigione siriana (tra cui si distingue la 104a Brigata paracadutisti della Guardia Repubblicana) ha finora resistito. Le difficoltà a mantenere i contatti e a ricevere rifornimenti ha spesso fatto pensare a un collasso o a un’evacuazione della città.
Da circa un mese, l’area è tornata sotto i riflettori: dopo la seconda liberazione di Palmira le forze siriane cercano di accorciare i 150 km di deserto che separano le linee a est di Palmira da Deir Ezzor, incontrando una resistenza accanita da parte dei miliziani del Califfato (vedi articolo).
Finora Deri Ezzor era stata solo sfiorata da aerei della coalizione occidentale. In uno dei raid lo scorso settembre, erano state colpite “per errore” postazioni dell’esercito siriano, causando quasi 100 morti nelle file delle forze di Damasco.
Stavolta nessun errore, a eccezione del fatto che il deposito colpito abbia avuto effetti collaterali.
L’attacco, se confermato, dimostrerebbe di come l’ISIS (e presumibilmente anche i ribelli jihadisti) sono in possesso di armi non convenzionali, con tutta evidenza arrivate in Siria attraverso l’Iraq.
I riflessi politici della notizia si incastrano in un contesto particolarmente difficile, seguito agli eventi di Idlib e al conseguente attacco americano sulla base siriana di Al Sharyat.
(foto: Sana)
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