Le parti hanno nomi e cognomi ben precisi. Da un lato c’è la Morgan Stanley, advisor del Tesoro per la gestione del debito pubblico, accusata dalla Corte dei Conti di “palesi violazioni dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione contrattuale“, di violazione dell’obbligo professionale di assistenza “anche mediante attività di consulenza e ricerca” (Dm 13 maggio 1999, n.219) e di aver ingiustamente sottratto €4,1 miliardi allo Stato italiano attraverso contratti derivati truffaldini.
Dall’altro ci sono i dirigenti del Tesoro, Maria Cannata, il suo predecessore Vincenzo La Via e gli ex direttori del Tesoro, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, accusati di “negligenza”. Insieme sono corresponsabili per il 30% del danno erariale, quindi per circa €1 miliardo.
La notizia di oggi, riportata persino dal bollettino della finanza internazionale meglio noto col nome di “Repubblica” (“Derivati, l’accusa della Corte dei Conti: “Tesoro negligente””) riguarda il deposito delle deduzioni delle parti che consente al procedimento guidato dalla Corte dei Conti di avviarsi a conclusione.
Personalmente lavoro da anni su questo filone e l’idea che mi sono fatto è che vi siano commistioni strutturali e durature nel tempo tra i dirigenti del Tesoro e i massimi dirigenti delle banche d’affari, un’idea avvalorata anche dalle evidenze emerse nel filone giudiziario “cugino” relativo alle agenzie di rating, che sono possedute dalle stesse banche d’affari che trattano i derivati con il Tesoro italiano.
A comprova di ciò basti pensare che nonostante queste pesantissime accuse da parte del maggiore organo di magistratura contabile dello Stato, la Morgan Stanley resta stabilmente nella lista degli specialisti selezionata dal Tesoro per la gestione del debito pubblico, e Maria Cannata è tuttora Direttore del dipartimento, oltre ad essere in forza al Tesoro dal 1990 (cioè dalla caduta del muro di Berlino…).
Denunciai la gravità del “problema derivati” già nel 2015, quando pubblicai uno dei primi articoli sul tema “I tassi scendono ma non per l’Italia” (31 Agosto 2015), nel quale rilevavo che nel 2008 l’Italia ha pagato in media il 4,6% di interessi passivi sul debito pubblico e nel 2014 il 4,3%. Negli stessi anni i tassi di mercato interbancario sono crollati dal 3,7% allo 0,4%!
Come è stato possibile tutto ciò? Proprio a causa dei derivati. Infatti non mi sfuggì una dichiarazione di Maria Cannata che affermò che a fine 2014 questi contratti derivati generavano 42,6 miliardi di perdita per il Tesoro. Infatti, mentre il Tesoro si faceva prestare la moneta dalle banche internazionali attraverso la vendita di BOT e BTP, si impegnava anche a pagare degli extra-premi nel caso i tassi di mercato fossero scesi, rinunciando quindi volontariamente a beneficiare della discesa dei tassi. Ecco perché in Italia la spesa per interessi continua ad essere di decine di miliardi di Euro nonostante i tassi rasentino lo zero.
Dunque, sappiamo che la Morgan Stanley è tuttora messa a “protezione” del debito pubblico italiano, ed una compagnia di negligenti è incaricata di interagire con essa! Che dire?
Successivamente alle mie analisi ed indagini sui derivati compresi che il problema era molto più profondo, e riuscii a metterlo pienamente a fuoco soltanto pochi mesi fa quando ebbi modo di visionare alcuni dei famigerati contratti derivati oggetto dello scandalo.
Così lo scorso 13 Febbraio 2017 scrissi e feci circolare l’articolo “L’emorragia da derivati: l’intreccio Tesoro-banche d’affari (prima parte)” che invito tutti a rileggere perché contiene spunti decisivi per capire cosa sta accadendo, anche al di là di quanto i pubblici ministeri della Corte dei Conti hanno fatto trapelare sino a questo momento.
In un passaggio chiave dell’analisi accennavo alla possibilità di una “simulazione contrattuale” dato che l’estinzione anticipata di questi contratti, fruttati alla Morgan Stanley €3,1 miliardi nel solo mese di Gennaio 2012, fu possibile grazie ad una clausola unilaterale che scattava al superamento di una soglia di €50 milioni oltre la quale Morgan Stanley aveva il diritto unilaterale di estinguere il contratto in anticipo e di incassare il profitto. Dunque, contratti a termine, che conferiscono diritti simmetrici tra le parti, sono stati di fatto trasformati in contratti di opzione, che hanno natura a-simmetrica, a vantaggio della Morgan Stanley, senza però che la banca pagasse al Tesoro il premio che le opzioni prevedono!
Relativamente all’intreccio tra dirigenti pubblici e banchieri d’affari rilevavo che nel corso degli anni 2000 il Tesoro abbia sottoscritto numerosi altri contratti derivati con la Morgan Stanley, come risulta dalla citata audizione di Maria Cannata, nonostante la clausola di estinzione anticipata unilaterale fosse già in essere (a questo proposito Cannata, nei documenti raccolti dalla Corte dei Conti, ha affermato di non essersene accorta…).
Ecco dunque profilarsi un quadro di intrecci, di conflitti di interessi permanenti, di manipolazione, di abuso di posizioni e ruoli consolidatisi nel tempo come le peggiori monarchie ereditarie.
Non pensavo che un giorno sarei arrivato a citare Repubblica, ma lo faccio volentieri quando ricorda che “La situazione di deferenza del Tesoro è evidente…..Chi ha debiti, è da sempre in mano alle banche. Come vadano, poi, le carriere dei direttori del Tesoro è sotto gli occhi di tutti: Draghi approdò in Goldman Sachs, Siniscalco in Morgan Stanley e Grilli in Jp Morgan”. Qualche magistrato in ascolto coglierà questa poco velata denuncia di conflitto di interessi rivelata persino da Repubblica?
Già, quel Siniscalco che, lo ricordavo 5 mesi fa, nel 2004 sottoscrisse il derivato con la Morgan Stanley quando era Direttore Generale del Tesoro, e che poi ritroviamo nel 2012 come Direttore della Morgan Stanley…ad esercitare la clausola di estinzione anticipata contro il Tesoro!
Verrebbe quasi da pensare che Repubblica abbia letto il mio articolo dove sostenevo che la finanza predatoria ha tentacoli infiniti il cui fine ultimo è quello di sottrarre risorse dall’economia reale a vantaggio della sfera finanziaria e che il debito rappresenta l’habitat naturale nel quale la finanza predatoria muta e si riproduce come una colonia batterica inserita in un ambiente umido.
Già, il debito, l’invenzione più tragica, astratta e predatoria che l’uomo abbiamo potuto concepire, senza la quale nessuna speculazione finanziaria, rating, derivati, manipolazione avrebbero più la possibilità di attaccare il tessuto sociale ed economico, e senza la quale i popoli, ovvero le comunità politiche di donne e uomini liberi, prospererebbero senza terrore, senza sopraffazione, senza catene.
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