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Inps sempre più in rosso, pensioni ancora più a rischio



Poter contare su uno stipendio decente che ti consenta di tirare avanti è diventato difficile per milioni di italiani. Poter contare su una pensione adeguata rischia di trasformarsi in una pia illusione. I conti dell’Inps sono infatti in costante profondo rosso.


Eppure da Palazzo Chigi è tutto un peana alla svolta economica che l’Italia sta attraversando e al futuro radioso che ci aspetta. Con i primi segnali di una ripresa, peraltro modestissimi, le imprese e i cittadini avrebbero riacquistato fiducia nel futuro. L’effetto è consistito in nuovi posti di lavoro(Ma cosa dicono???) e in un aumento dei consumi. Questa la tesi sostenuta a piene mani dal duo Renzi-Padoan.

Ora, a prescindere dai dati ufficiali sullo stato dell’economia, che comunque non permetteranno di recuperare che una percentuale minima di quello che si è perso dal 2007 ad oggi, è la questione della fiducia nel futuro che non sta in piedi.

Per un Paese di anziani come il nostro infatti, il futuro si lega inevitabilmente alla questione delle pensioni. Milioni e milioni di italiani sono convinti che le pensioni del futuro saranno quanto mai risicate e che esse non potranno tenere conto dei contributi che ognuno di noi ha versato nel corso della propria vita lavorativa.

A lanciare l’allarme, e a confermare la fondatezza di tali timori, sono stati gli stessi vertici dell’Inps che, nel corso di una audizione in Commissione parlamentare, hanno reso noto che nei prossimi dieci anni l’Istituto sarà gravato sistematicamente da risultati economici negativi per 10 miliardi l’anno.

Tanto per dire, nel 2014 il risultato di esercizio ha visto un buco di 12,460 miliardi, sempre meglio dei 12,486 miliardi del 2013 ma si tratta pur sempre di notte fonda.

Il presidente dell’Inps, l’economista(???) Tito Boeri, ha ricordato che anche nel recente passato ci sono stati aggiustamenti, piccole riforme e interventi selettivi e parziali che hanno creato asimmetrie di trattamento, ma di rimuovere, o solo correggere, le cause che hanno determinato questa pesantissima situazione non se ne parla proprio. Insomma, c’è chi percepisce una miseria e chi invece non avrà problemi, appartenendo a categorie privilegiate.

Se non ci saranno correttivi di sistema, ha sostenuto Boeri, questi interventi del passato contribuiranno ad essere la base per ulteriori misure, sempre parziali, che in ogni caso saranno molto costose.

Al di là delle dichiarazioni di facciata, resta la realtà drammatica delle cifre ufficiali che spiegano più di ogni altra cosa la crisi in cui siamo immersi e la crescente povertà di massa. Nel 2014, informa l’Inps, il 42,5% dei pensionati italiani ha ricevuto un assegno mensile sotto i mille euro e il 12,1% del totale ha preso meno di 500 euro. Una realtà, questa, che penalizza in particolare le donne.

Con pensioni da fame del genere, si spiegano le file di migliaia di nuovi poveri alle mense della Caritas o di altre istituzioni similari. Ci sono poi pensionati che non se la passano male.

Ben 724 mila possono contare su un’entrata media mensile di oltre 4.300 euro.

In valori assoluti, nel 2014 la spesa per pensioni ha sfiorato i 269 miliardi contro i 267 del 2013.

L’Inps ha erogato 20,92 milioni di pensioni. Di queste, 17,19 milioni sono previdenziali (invalidità, vecchiaia e superstiti) e 3,73 milioni di tipo assistenziale (tra pensioni sociali e assegni di invalidità). In conseguenza dell’innalzamento dell’età pensionabile, il numero di nuovi pensionati (circa 560 mila) è stato inferiore a quello del2013.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si è detto così d’accordo con Boeri da utilizzare gli stessi termini per illustrare le cose da fare. Ci vuole, ha detto, «un intervento organico, strutturale e definitivo». Soprattutto perché le misure “selettive” più recenti, i vari incentivi alle assunzioni, pur non avendo dato i risultati sperati, e pesando sui conti dell’Inps, dovrebbero vedere un incremento nel 2016. Oltretutto l’Inps, lamentano i suoi vertici, è penalizzato da un personale sempre più anziano e in costante riduzione. Se non riprenderanno le assunzioni si rischia il lento spegnimento dell’istituto.

La situazione dell’Inps è comunque paradossale. Fino a pochi anni fa governo e dirigenti assicuravano che dal punto di vista finanziario tutto era sotto controllo e che non ci sarebbero stati problemi. Nel 2014 il disavanzo è migliorato toccando i 7 miliardi contro gli 8,7 del 2014 ma la situazione resta pesante.

Ad aggravare il tutto, è stata l’incorporazione dell’Inpdap (l’istituto di previdenza dei dipendenti pubblici) nell’Inps a partire dal 2013 che si è portato dietro la sua enorme passività patrimoniale che ora pesa come un macigno sui conti dell’istituto.

I governi, per creare ulteriore confusione e sfiducia nel futuro, ci hanno messo pure del loro con misure che hanno creato nuove figure come gli “esodati”, lavoratori senza stipendio e senza pensione. O come il prolungamento da sei mesi a due anni del periodo necessario ai dipendenti pubblici per incassare la liquidazione. Una misura dettata dalle solite deficienze di cassa ma che riflette la più generale situazione di precarietà dell’Italia dove si va avanti con misure tampone che rinviano le cose da fare ora ad un futuro non meglio identificato.
Filippo Ghira

Fonte: ilribelle.com

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