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Quando usciremo dai secoli bui?

I telefoni squillano, gli aerei rombano tracciando nel cielo scie biancastre, i media strepitano notizie: bisogna affrettarsi, stare al passo dei tempi, pena..., pena... non si sa bene che cosa; pena il ritornare ai secoli bui, forse.

Ma i secoli bui sono già qui. 
Non se ne sono mai andati, anzi si sono viepiù abbuiati. 
Se c’è una luce che abbellisce, e c’è, non sta certo nel progredire incessante. 

Tutto è limite e misura nel manifesto. “Nulla di troppo” recitavano gli antichi conoscitori del Vero in Sé che i sostenitori del “nuovo” oggi disdegnano.

Va bene, arriverà senz’altro l’ennesimo imbecille a proclamare la superiorità della distruzione sulla contemplazione e sulla bellezza. Sgancerà la sua miserabile bomba radioattiva e l’uomo chino sul fuoco scomparirà in una nuvola di erba, sassi e terra. 

Scomparirà per riapparire poco più in là sopra la collina o giù al ruscello dove l’intreccio delle radici ricama le pareti di piccole gole. Con lui si dilegueranno lepri, volpi, tassi, istrici, cinghiali, gufi, alberi, sorgenti, notti di luna piena, stelle cadenti, tee-pee, svaniranno i boschi profondi simili a zampe di elefante poggiate sul suolo, ma tutto ridiscenderà immediatamente dall’angolo sollevato delle labbra del Mistero.

Esplosioni dopo esplosioni, catastrofi dopo catastrofi, vagiti dopo vagiti la sofferenza si annulla nelle mani del sapiente mondate dal sangue, colme di mudra, farro, grano; come un rametto fradicio sospinto dalla corrente, essa si incaglia tra le sue dita illuminate dalla luna.

Giuseppe Gorlani

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