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Abbiamo un lavoro, ma non abbiamo più una vita!

di Daniele Reale
Ci si abitua a tutto, e forse è proprio questo il nostro più imperdonabile errore… perché non ci si dovrebbe mai abituare a certe cose.

La parola “estate” a 15 anni significava vacanze, mare, andare a dormire tardi la sera, le chiacchierate con gli amici, seni scoperti, pranzi leggeri, angurie, meloni e docce rinfrescanti.

L’estate a 15 anni significava anche nuovi amici, nuovi amori, storielle di un mesetto e via, ma estate allora significava soprattutto “libertà”, e quei 3 mesi di caldo estivo, di bagni e di abbronzature erano una vera e propria manna dal cielo dopo 9 lunghi mesi di scuola.

A settembre poi ci si lamentava quando incominciava di nuovo la routine di sveglie al mattino presto, di compiti, libri e doveri, e certo a quell’età non si pensava che quelle estati spensierate erano destinate a finire presto, quando il cosiddetto “mondo del lavoro” ci avrebbe “accolto”, pronto a trasformarci da adolescenti felici in adulti stressati e annoiati.

E’ vero, dopo un po’ ci si abitua, come ci siamo abituati negli anni alle strade sempre più trafficate, all’aria inquinata, al cibo industriale, al cancro causato da uno stile di vita folle, che sta divorando la nostra società, giorno dopo giorno.

Ci si abitua a tutto e forse è proprio questo il nostro più imperdonabile errore, perché non ci si dovrebbe mai abituare a certe cose. Così facendo, ci rendiamo infatti complici di questo orrendo sistema e l’attuale situazione delle nostre condizioni lavorative ne è la conseguenza lampante?

Ieri sognavamo le vacanze estive, oggi sogniamo il posto fisso, i cartellini da timbrare, le facce stufe e depresse dei nostri colleghi al lunedì mattina; oggi sogniamo di abituarci, di accontentarci, mentre fino a ieri sognavamo di raggiungere le Stelle, i pianeti lontani…

Oggi non abbiamo più orizzonti davanti a noi, solo linee rette che danno l’illusione di arrivare chissà dove e invece stanno sempre ferme lì, come le nostre vite, splendide e traboccanti di sogni e desideri da giovani, piatte e opache dai 20 anni in su, mentre cerchiamo di dimostrare al mondo il contrario, pubblicando sui social le nostre foto felici e sorridenti, mentre sorseggiamo un costoso cocktail da 10 euro in una spiaggia turistica sovraffollata, dove abbiamo precedentemente pagato 7-8 euro di parcheggio, sentendoci in dovere di acquistare un vestito nuovo da indossare in spiaggia.

No non mi fregate… io li conosco quei finti sorrisi, quei selfie scattati in quello sputo di libertà che voi chiamate “vacanza”. Ma quale vacanza? Se solo aveste speso un solo anno della vostra vita a sforzarvi di migliorare il mondo, a far valere le vostre idee (se ne avete?) a difendere Madre Terra, la sua acqua, le sue terre, voi stessi e i vostri simili, e per simili non intendo solo quelli con il colore uguale della vostra pelle, oggi la vostra vita sarebbe al 70% vacanza, con pochi doveri e molti piaceri, con poche ore di lavoro, quelle che realmente servono per provvedere a voi stessi e alla società. E invece la società, se ancora ne esiste una, è ormai composta di uomini feroci dagli obiettivi egoistici e folli, grazie anche a voi che avete preferito accontentarvi, corrotti da una tv al plasma in salotto e da qualche capriccio concessovi a rate.

Eccoci dunque arrivati all’estate degli schiavi, che pagano le tasse per pagare poi ugualmente i pedaggi autostradali, ai quali una settimana di “vacanze” costerà il prezzo di due mesi di duro lavoro… ma già, tanto questa estate si guadagna di più, perché ci hanno chiesto di fare gli straordinari, da 8 a 10-12 ore al giorno, come gli sgobboni da miniera agli inizi del 1900.

Siamo tornati indietro di più di 100 anni? Magari? Qui siamo nuovamente al Medioevo, ma che dico, alla schiavitù egizia, perché oggi ci chiamano al sabato mattina per lavorare ancora, dopo la lunga settimana iniziata il lunedì precedente. Ma di che ci lamentiamo? Almeno abbiamo un lavoro?

E’ si schiavi, avete ragione, abbiamo un lavoro, ma non abbiamo più una vita, e sembra non accorgersene nessuno, come non ci si vuole accorgere che fare andare la gente a lavorare il sabato, aggiungendo le ore di straordinario e quelle di flessibilità nel bel mezzo di un’estate di Ssle, non è strategia produttiva, ma un modo per non farvi vivere, ma tanto chi se ne accorge?

Tranne i barboni e i bambini, a me sembrano già tutti morti!

Articolo di Daniele Reale

1 commento:

Stefano Di Cicco ha detto...

Ditemi la verità:hanno accorciato le giornate!
Diversamente non si spiega neppure che i cinquantenni di oggi hanno l'aspetto dei trentenni di 50 anni fa. Che non fai in tempo ad alzarti la mattina che è già sera e non hai concluso un cazzo. Ormai non possiamo fare niente ma almeno ditelo 😭😭😓

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