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Gli artigli del governo Renzi su TFR e fondi pensione

Ora la chiamano “legge di stabilità”. Ma la sostanza non cambia. Un tempo denominata “legge finanziaria” era l’ineluttabile iattura, che, di anno in anno, puntualmente, alleggeriva le tasche (ormai quasi del tutto vuote) di milioni di famiglie italiane. Dopo la sciagurata firma, nel marzo di due anni fa
– si era al tempo del primo governo “golpista”, quello non eletto guidato da Mario Monti e caparbiamente sponsorizzato dal Quirinale e dai poteri forti nazionali e internazionali -, dell’altrettanto famigerato Trattato sulla stabilità (gli anglofoni nostrani amano indicarlo col termine Fiscal Compact), ecco che il cappio sui popoli europei inizia a mostrare tutta la sua ferocia strangolatrice.
La parola d’ordine è “riformare l’economia e il sociale nel segno dell’ideologia liberista ormai trionfante”: dal cd. “Mercato del lavoro”, con una devastante precarizzazione delle condizioni e della stabilità del posto di lavoro (abolizione de facto dell’art. 18, contrattazione sempre più unilaterale e a termine, falcidia dei diritti dei lavoratori, ristrutturazione verso il basso di stipendi e salari e, in parallelo, delle pensioni.
Vedere ad esempio la mannaia abbattutasi sulle pensioni di reversibilità nel totale e complice silenzio di tutte le forze politiche), al “riordino” delle economie dei singoli stati europei, incanalate verso la folle soluzione ideologica di un liberismo sempre più selvaggio e disumano; dalla demonizzazione delle istanze sociali e popolari, alla drastica riduzione della partecipazione pubblica nei servizi essenziali di pubblica utilità (energia, trasporti, sanità, scuola, cultura), resi appositamente sempre più costosi e inefficienti per giustificare il disegno criminale delle privatizzazioni ad ogni costo.
Per restare nell’ottica dell’euro e giocare la partita illusoria, se non impossibile (il mostruoso debito pubblico italiano è pari al 135% del Pil, ai tempi dell’ex satiro di Arcore era al 120%), della riduzione dello stesso debito pubblico al 60%, nonostante le pur apprezzabili prese di posizione dello yuppie fiorentino contro il patto strangolatore (ma si tratta di gioco delle parti e nulla più, di scelta di campo nella guerra tra le gang dell’alta finanza, Renzi dalla parte delle politiche antieuropee di Usa e Regno Unito contro Germania e Europa. Il recente G20 ha dimostrato quali siano gli amici cui si appoggia l’ex sindaco di Firenze), esce dal cilindro del governo Renzi, dietro l’esigenza primaria di fare cassa e sparare nel mucchio – un bersaglio facile facile – due provvedimenti, contenuti per l’appunto nella legge di stabilità, che vanno ad intaccare il risparmio dei lavoratori italiani ai fini previdenziali. Il primo di tali provvedimenti riguarda il TFR., il secondo l’aumento della tassazione dei fondi pensione.
Per quanto riguarda la prima norma, l’art. 6 prevede che la quota maturanda annuale del TFR, su richiesta irrevocabile del lavoratore, possa essere versata mensilmente al fondo di previdenza complementare, anziché essere accantonata per il TFR. La quota corrisposta andrà a sommarsi alla retribuzione mensile e sarà così sottoposta alla tassazione ordinaria.
L’indecente norma non solo contribuirà alla diluizione in piccole somme mensili delle quote che erano destinate al TFR, dunque un risparmio forzoso costituito da piccoli importi poco utili al lavoratore (viceversa, col TFR i lavoratori potevano alla fine destinare quelle somme o per l’acquisto della propria casa d’abitazione o per altre esigenze straordinarie) ma l’applicazione della tassazione ordinaria, anziché quella “speciale separata” attualmente applicata al TFR, costituirà un’ulteriore assottigliamento dell’importo mensile e potrebbe oltremodo far scattare verso l’alto l’aliquota IRPEF. Non solo: l’irrevocabilità della scelta per il triennio di vigenza (30 giugno 2018) impedirà al lavoratore di tornare sui suoi passi in caso di necessità.
La seconda norma, quella che risponde al comma 1 dell’art. 44 della proposta di legge, prevede – udite, udite – l’aumento retroattivo dal 1° gennaio 2014 della tassazione sui rendimenti annuali dei fondi pensione, dall’attuale 11,5% al 20%. Se invece il TFR rimane in azienda, su scelta del lavoratore, e non viene conferito al fondo pensione , la tassazione passa dall’attuale 11% al 17%.
Una norma incivile e barbara che colpisce duramente il futuro pensionistico dei lavoratori. Si tratta nella sostanza di un vero e proprio esproprio da parte dello Stato di somme destinate a finalità sociali, quali la previdenza dei lavoratori. Una vergogna abissale, che è aggravata ulteriormente dal fatto che in quasi tutti i paesi europei che hanno adottato la previdenza complementare vige il criterio dell’esenzione fiscale sugli incrementi maturati durante il periodo di accumulo dei rendimenti dei fondi. Il prelievo avviene soltanto al momento della rendita.
Quante volte abbiamo sentito i nostri politicanti al governo e all’opposizione (si fa per dire), senza distinzione di casacca (destra, sinistra centro), pronunciare la frase magica: “È l’Europa che lo vuole” quando si trattava di stangare a dovere il popolo italiano? Ebbene in questo caso il governo Renzi sembra essere più realista del re. L’applicazione di queste norme antisociali ha superato ogni immaginazione e peggiora di gran lunga la legislazione vigente nel resto d’Europa.
Insomma il Pitti-Bimbo e i suoi sodali al governo, tra cui spiccano per indecenza politica i valvassini del NCD, finte opposizioni comprese, colpisce duramente e senza scrupoli il risparmio ai fini previdenziali o personali dei lavoratori italiani, aprendo un nuovo varco di incertezze e difficoltà oggettive al momento della cessazione del loro rapporto di lavoro. Con un colpo solo si tende ancora di più a mortificare lo stato sociale dei lavoratori italiani, cancellando progressivamente tutte le conquiste sociali di decenni di lotte e di sacrifici. Un esproprio dei risparmi derivanti dal lavoro studiato e concertato coi poteri forti, veri protagonisti di questi ultimi vent’anni di storia italiota, attraverso la rapace e iniqua applicazione di una devastante tassazione che colpisce al cuore non solo i redditi dei lavoratori e pensionati ma anche le loro abitazioni acquistate magari proprio attraverso quella che costituiva un tempo l’ancora di salvezza di molte famiglie italiane: il TFR.
Un grande obiettivo di civiltà e di giustizia sociale, in questa contingenza di forte criticità per l’intero movimento sindacale italiano, è quello di opporsi, da subito e con ogni mezzo, a questa ulteriore infamia che si sta consumando alle spalle dei lavoratori e dei pensionati italiani.
Tratto da: informarexresistere

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